Colture Protette
Il comparto produttivo dell’ortofloricoltura protetta ha un’indubbia importanza economica nel nostro paese con circa 18.000 ha di serre e tunnel, dei quali oltre 4000 interessano il settore floricolo.
Tra i fattori che hanno favorito l’espansione delle colture protette vi sono le favorevoli condizioni climatiche (soprattutto nell’Italia meridionale) e la crescente domanda interna di prodotti floreali e di ortaggi fuori stagione in seguito al maggiore reddito medio della popolazione.
A partire dagli anni ‘70 la nostra serricoltura si è trovata ad affrontare numerosi problemi legati essenzialmente alle fonti ed ai costi dell’approvvigionamento energetico. Negli ultimi anni, inoltre, hanno avuto un notevole rilievo i problemi relativi alla conduzione intensiva degli impianti, tipica delle coltivazioni in serra:
- difficoltà di programmazione e commercializzazione delle produzioni;
- elevati costi di gestione, soprattutto in relazione ai fabbisogni di manodopera;
- difficoltà nella conservazione della fertilità del terreno;
- dipendenza dall’estero per il materiale di propagazione;
- rilevante impatto ambientale legato allo smaltimento di notevoli quantitativi di materiale plastico (contenitori, coperture, ecc.) e di substrati ed all’inquinamento del terreno e delle acque con reflui di nutritivi e residui di fitofarmaci.
Inoltre, sul mercato europeo l’ortofloricoltura italiana si trova ad affrontare, parallelamente ad una contrazione dei consumi interni, una sempre maggiore concorrenza dei prodotti di importazione. Si può fare riferimento a due principali tipologie di offerta concorrente:
- quella dei cosiddetti “paesi in via di sviluppo”, caratterizzati da bassissimi costi di produzione e prezzi di vendita molto contenuti.
- l’altra, quella dei paesi a vocazione serricola ed ad elevato sviluppo tecnologico, caratterizzata da elevati standard qualitativi e da una notevole diversificazione dei prodotti.
E’, naturalmente, con questa seconda tipologia di prodotto che l’Italia deve confrontarsi.
La scarsa competitività del fiore italiano può essere attribuita non solo alle carenze a livello organizzativo e commerciale, ma anche al ritardo nell’adeguamento delle strutture produttive e delle tecniche colturali.
Esigenze delle colture protette nell’area del bacino del Mediterraneo.
Le colture protette assumono sempre più importanza nell’agricoltura europea ed italiana per la capacità di produrre durante tutto l’anno e soddisfare così le esigenze dei consumatori senza il limite della stagionalità delle coltivazioni.
L’impianto serricolo deve così rispondere a requisiti specifici per la creazione di microclimi controllabili con semplicità e velocità sfruttando al massimo i vantaggi naturali dovuti alla localizzazione in determinate latitudini e facendo attenzione a limitare al massimo gli svantaggi dovuti alla stessa.
I fattori principali che generano vantaggi e svantaggi per effetto della latitudine sono:
Le condizioni climatiche esterne (temperatura, umidità relativa, numero dei giorni nuvolosi e piovosi e loro distribuzione nell’anno, radiazione solare, velocità del vento, ecc.) e le caratteristiche della serra (localizzazione, orientamento, forma, dimensione, materiali). Potendo agire esclusivamente sui secondi, si può focalizzare l’attenzione sulla capacità delle serre di trattenere energia, dovuto alla localizzazione e all’orientamento, alla forma, alla dimensione, al tipo di materiale costruttivo e di copertura, e alla loro capacità di perdere energia, al grado di ermeticità e coibentazione della struttura, alla velocità del vento, alla differenza di temperatura tra interno ed esterno. Ovviamente, tali fattori incidono in maniera diversa a seconda delle condizioni climatiche esterne, ma si possono riassumere in:
Tralasciando il primo fattore, è possibile porre l’attenzione sugli altri due fattori.
LA FORMA, IL DIMENSIONAMENTO E LA TIPOLOGIA DEI MATERIALI COSTRUTTIVI DELLE SERRE.
La forma delle serre dipende dall’ubicazione e dall’ottimale orientamento. La zona prescelta dovrebbe ricevere il maggior numero possibile di ore di sole in inverno in maniera tale da sfruttare al meglio il riscaldamento naturale dovuto all’irraggiamento ed alla trasformazione dell’energia radiante in termica; contemporaneamente, il luogo dovrebbe essere al riparo dei venti invernali in quanto esso influisce sul coefficiente di trasmissione di calore e sui ricambi d’aria, e capace di sfruttare una ventilazione nei periodi estivi per intervenire in maniera tempestiva sulla regolazione del microclima interno alla serra. L’inclinazione delle falde incide sulla capacità d’intercettazione della serra delle radiazioni solari in funzione dell’angolo che i raggi solari formano con la superficie di copertura. Durante l’inverno bisogna garantire l’intercettazione massima di energia attraverso la creazione di tale angolo di un valore compreso tra i 45° ed i 90°, mentre durante l’estate bisognerebbe evitare l’eccessiva luminosità interna (prevedendo ombreggiamenti o aperture peculiari). I materiali più in uso per le serre sono l’acciaio ed il legno con la tendenza di sfruttare sempre più il primo al secondo: nel primo caso si usa acciaio zincato a sezione rettangolare oppure travi a traliccio e pali IPE, nel secondo caso si usa soprattutto castagno e abete. Un terzo materiale, scarsamente utilizzato per l’elevato costo e l’alta conducibilità termica, è l’alluminio.
I vantaggi dovuti all’uso del legno sono: economicità, facile lavorazione e bassa conducibilità elettrica; gli svantaggi relativi sono legati ad una scarsa durata nel tempo (max 10 anni), una limitata lunghezza delle campate, una maggiore sezione della struttura e dunque un maggiore ombreggiamento a parità di carichi sopportati, elevate spese di manutenzione, scarsa possibilità di usufruire di sistemi di areazione, perdita di ermeticità col tempo a causa delle deformazioni, ricettacolo di parassiti, eccessiva presenza di pali di altezza limitata da cui deriva una difficoltà di meccanizzazione all’interno della serra. I vantaggi dell’uso dell’acciaio zincato sono legati ad un maggior uso della luce delle campate e superficie interna libera con conseguente maggiore faciltà di lavorazione con l’introduzione di mezzi meccanici, sterilità del materiale, una ridotta dimensione della struttura e conseguente maggiore luminosità. I parametri costruttivi che vengono considerati nella progettazione e nella realizzazione delle serre sono: la lunghezza o luce della campata, la lunghezza della serra, l’interasse fra le strutture portanti principali (o modulo strutturale), l’altezza del colmo e l’altezza di gronda. Le forme delle serre possono essere quindi le più svariate, anche se possono essere raggruppate in tre categorie: serre a padiglione regolare, serre a padiglione a tetto semicircolare, serre a tunnel. In tutti i casi l’inclinazione delle falde comunque è compresa tra i 20 ed i 30°, al di sotto dei valori citati in precedenza per le tecniche di risparmio energetico e ciò per il rispetto delle norme UNI-CNR (Unificazione Italiana Consiglio Nazionale delle Ricerche) 6781/71 che disciplinano la costruzione di serre in struttura metallica e che tengono conto anche di esigenze costruttive. Gli olandesi riescono a combinare le esigenze costruttive con quelle di risparmio energetico e di sfruttamento delle radiazioni solari riducendo la luce della campata, aumentando l’altezza di gronda, riducendo l’altezza del colmo. La figura frontale risultante non sarà più quindi un rettangolo con il lato più lungo disposto orizzontalmente come base sovrastato da un triangolo isoscele avente gli angoli interni della base molto acuti, ma sarà un rettangolo la cui base è formato dal lato più corto e sovrastato da un triangolo isoscele con gli angoli della base molto vicini o superiore ai 40°. Ovviamente, dal punto di vista del risparmio energetico, più è grande la superficie della serra a contatto con l’esterno (a parità di area coperta) maggiori sono le perdite di calore. Ma maggiori sono le dimensioni delle serre (per diminuire la superficie a contatto con l’esterno) maggiori sono i problemi di illuminazione e di areazione interna. Se poi si considera il rapporto volume/superficie coperta, si rileva che esso è influenzato solo dall’altezza della serra ed è indifferente al variare delle dimensioni della base. L’aumento della cubatura interno alle serre permette una maggiore massa d’aria riscaldata dall’effetto serra con la relativa difficoltà a regolarne gli improvvisi sbalzi termici, senza considerare gli ulteriori costi di gestione per il riscaldamento forzato (ad aria, ad acqua, ecc) seppur giustificati da una maggiore stabilità termica. La soluzione che viene adoperata di sovente è quella di creare una struttura interna coibentante che ne riduca la cubatura al momento dell’azione dell’impianto di riscaldamento.
MATERIALE DI COPERTURA
Come è stato citato in precedenza, il materiale di copertura assume un ruolo fondamentale sulla creazione dell’effetto serra. Esso quindi deve rispondere ai seguenti requisiti:
· coefficiente di trasmissione della radiazione solare il più elevato possibile nell’ambito del campo visibile;
· durata ed inalterabilità nel tempo;
· trasparenza alla luce incidente;
· resistenza alle intemperie;
· convenienza economica.
La valutazione globale del tipo di materiale di copertura da utilizzare risulta legata, oltre che dai parametri suesposti, anche dalla forma della serra, dal tempo di permanenza medio del materiale sulla struttura, dalle specie coltivate e dal sistema di coltivazione (tipo di microclima da garantire alla coltivazione per ottimizzare la produzione).
I materiali maggiormente utilizzati possono essere raggruppati in due categorie: Vetro e materie plastiche. Il primo ha il maggiore coefficiente di trasmissione dello spettro visibile che interessa la fotosintesi (91%) e la più bassa trasmissione dell’infrarosso lungo (1%), elevata resistenza alla trazione, inerzia nei confronti dei composti naturali e di sintesi utilizzati nella difesa delle coltivazioni, basso coefficiente di dilatazione lineare, resistenza agli sbalzi termici ed una buona durata; di contro ha un elevato costo, un peso superiore che aumenta il carico strutturale, difficoltà di manutenzione, scarsa resistenza alla pressione. Ultimamente è stato commercializzato un tipo di vetro trattato sulla superficie esterna con ossido di stagno (hortiplus) che attenua fortemente l’irraggiamento verso l’esterno diminuendo la dispersione termica anche se diminuisce anche la trasmissione dello spettro visibile. Le materie plastiche sono raggruppabili in tre tipologie: laminati flessibili o film plastici(Polietilene PE, cloruro di polivinile PVC, Etilvinilacetato EVA), laminati semirigidi o ondulati (poliestere – vetroresina PRFV, derivati della cellulosa PVC, Polimetacrilato ondulato PMMA), lastre rigide o alveolari (policarbonato PC, polimetacrilato PMMA).
Un confronto tra i diversi materiali oggi in uso deve tener presente ovviamente ai parametri citati prima.
Caratterisitiche ottiche:
Bisogna tener presente non solo la radiazione diretta, ma anche quella diffusa (quando il cielo è coperto). Nel primo caso il vetro ha una capacità di trasmissione del 91%, il Vedril (polimetacrilato alveolare) dell’83%, l’80% nel policarbonato protetto con uno strato di plexigas del 78% nel caso del solo policarbonato, del 92% nel polimetracrilato ondulato (vedrilser) e superiori al 90% nei film plastici. Nel secondo caso, per il vetro il valore è del 91%, il 70% per il polimetacrilato, del 62% per il policarbonato mentre i film plastici conservano gli stessi valori registrati per la radiazione diretta. Per ciò che concerne la trasmissione dell’infrarosso lungo, tenendo presente che minore è il valore del coefficiente, migliore è il comportamento dei materiali rispetto all’effetto serra, si osserva che il vetro ha una percentuale di trasmissione dell’1%, il Vedril l’1%, il polimetacrilato il 3%, le lastre semirigide intorno al 5% (ad eccezione al polimetacrilato simile al vetro), il PE il 79%, il PVC il 60%.
Conducibilità termica:
Il coefficiente K (Kcal/h x m °C) di trasmissione di calore di ciascun materiale è in funzione dello spessore e maggiore è tale valore, ovviamente maggiore sarà la dispersione di calore. Per rendere più basso il valore di K, si è proceduto con la creazione d’intercapedini di aria, abbassando però la trasparenza alla luce. Il vetro ha un alto valore di K; le lastre semirigide ondulate, data la loro forma e a parità di superficie coperta, hanno un valore di K superiore a quello del vetro; i film plastici più elevato di tutti (ma possono essere sfruttati per la creazione d’intercapedini e quindi ottenere un K globale inferiore).
Peso:
il peso del materiale di copertura rappresenta il “carico permanente”. Esso varia ovviamente anche dallo spessore del materiale scelto. Ovviamente il vetro è il più pesante; le lastre rigide o semirigide hanno un valore intermedio; i film plastici sono i più leggeri. Si passa da in valore di 11,5 kg/mq del vetro agli 1-5 kg/mq delle lastre rigide o semirigide ai valori inferiori al chilo per i film plastici.
Resistenza alla rottura:
il materiale deve resistere agli agenti atmosferici (pioggia, grandine, neve, vento) considerati come carichi statici aggiuntivi. Il vetro ha una bassa resistenza, le lastre rigide hanno una resistenza medio-alta, le lastre semirigide sono sensibili all’azione del vento (strappi e deformazioni).
Durata:
parametro questo, riferito sia alla vita del materiale che all’immutabilità delle caratteristiche fisiche: gli agenti atmosferici e le piante possono andare a creare delle alterazioni irreversibili delle caratteristiche dei materiali. Il vetro non presenta suscettibilità al tempo; le lastre rigide presentano una durata media di 5-10 anni; i film plastici perdono un 5-10% di trasparenza all’anno.
RICAMBI D’ARIA
Attenzione bisogna porre alla necessità dei ricambi d’aria: quando la temperatura e l’umidità raggiungono i limiti critici della coltivazione, è necessario intervenire, spesso in maniera repentina per la loro normalizzazione. Durante la notte, se le serre sono chiuse, si genera la condensa interna alle pareti per l’aumento dell’umidità relativa (che favorisce lo sviluppo di malattie e parassiti) mentre di giorno l’umidità può assumere valori molto bassi per effetto dell’innalzamento della temperatura e conseguente diminuzione dell’umidità relativa. Si può intervenire tempestivamente attraverso l’apertura o chiusura di sportelli continui, di colmo o laterali, se la struttura serricola ne prevede la dotazione.
OMBREGGIAMENTO E COIBENTAZIONE
Spesso, per diminuire il volume dell’aria da riscaldare durante l’inverno, si predispone l’apertura di uno schermo coibentante che in estate può essere utilizzati anche come schermo ombreggiante: alcune case produttrici li costruiscono per soddisfare entrambe le esigenze. Il loro utilizzo come schermi coibentanti riesce a far risparmiare anche il 70% delle dispersioni. Tali schermi devono quindi rispondere ad esigenze come segue: trattenimento del calore interno, trasmissione dei raggi luminosi, riflessione della luce, resistenza, flessibilità e versatilità, permeabilità all’umidità, durata, convenienza economica.
CLIMATIZZAZIONE
Per mantenere il microclima interno alla serra in maniera più costante è possibile, bisogna dotare le strutture di opportuni impianti di condizionamento. Essi spesso interagiscono tra loro come gli elementi che controllano: il riferimento è relativo al riscaldamento, al raffrescamento, al controllo dell’umidità, al controllo della luce. Per ciò che riguarda il riscaldamento, esso può interessare l’aria interna alla serra e/o i substrati di coltivazione. Nel caso del riscaldamento dell’aria, bisogna dimensionare bene la potenza del generatore e del sistema di distribuzione. Si parte dal calcolo del fabbisogno termico del serra, calcolato con la formula Q = Kr x S (ti - te) dove Q è calcolato in Kcal/h, Kr è il coefficiente globale di trasmissione della serra (dispersione termica dovuta a conduzione, convezione ed irraggiamento espersso in Kcal/h x mq x °C), S la superficie totale della copertura disperdente (misurata in mq), ti è la temperatura interna desiderata (in °C), te è la temperatura esterna (in °C). Stabilita l’esigenza termica, si può procedere con il dimensionamento dell’impianto, tenendo presente che i generatori possono andare a riscaldare direttamente l’aria interna o riscaldare liquidi veicolanti distribuiti poi in serra (acqua). Ci saranno nel primo caso, generatori in serra e ventole diffusorie, e nel secondo caso, caldaie per il riscaldamento dell’acque e tubi in entrata ed in uscita dalle serre, con presenza o assenza di ventilatori diffusori interni alla serra. Nel primo caso i costi d’impianto sono bassi e quelli di gestione elevati; nel secondo viceversa. Il generatore può essere alimentato a gasolio (il più frequente) a gas, ad olii pesanti, a sostanza organica infiammabile e con grande potere calorico di risulta dei processi industriali (sansa, gusci di nocciole, ecc). Per il riscaldamento dei substrati (che permette una costanza termica maggiore, una migliore crescita delle piante, una riduzione dei costi di gestione a parità di tipo di generatore) bisogna tener presente la profondità del substrato che si intende riscaldare e del materiale di cui è composto il substrato. Per il raffrescamento si può procedere con la ventilazione forzata, con l’evaporazione di acqua attraverso il Cooling System o attraverso il sistema di nebulizzazione ad alta pressione High Pressure Fogs). Il primo è caratterizzato da ventilatori aspiranti posti alle testate delle serre: economicità d’istallazione e di gestione sono le sue caratteristiche. Il secondo è composto da pannelli umidificatori (tramite il passaggio di acqua su un sistema poroso) disposti su un lato della serra e di ventilatori aspiranti sul lato opposto. Questo sistema consente di sfruttare il gradiente di umidità che ci può essere tra interno ed esterno e della capacità di assorbimento di calore da parte dell’acqua. I limiti di questo sistema consistono nell’elevato costo d’impianto e dalla scarsa resa in caso di elevata umidità relativa esterna. L’impianto FOG invece prevede la nebulizzazione (raggiungendo la dimensione dell’acqua allo stato di vapore) dell’acqua e lasciandola così in sospensione fino al raggiungimento di un livello di umidità pari al 100%. Le piante non si bagnano e questo sistema può funzionare anche come antigelo, evitando l’abbassamento della temperatura al di sotto di 0°C. Tale sistema necessita di acqua al di sotto dei 25°F di durezza: grande limite per le normali acque di pozzo. Per il controllo dell’umidità, si può intervenire con il cooling system o con il FOG per il raggiungimento di valori al di sopra della media, mentre si può procedere con il riscaldamento e la ventilazione conseguente per la diminuzione dei valori al di sotto della media. Per il controllo della luce, oltre all’impianto di ombreggiamento già descritto, si può invece somministrare luce aggiuntiva attraverso l’uso di lampade, da ascrivere a tre diversi gruppi: lampade ad incandescenza, lampade fluorescenti e lampade a vapori di mercurio. Nel primo caso i costi d’impianto sono bassi ma hanno un costo di gestione alto e quindi poco adatte per l’illuminazione ad alta densità e provocano anche un effetto riscaldante dovuto all’enorme quantità di raggi infrarossi emessi; esse vengono usate per l’illuminazione fotoperiodica a bassa intensità luminosa (500-600 lux). Nel secondo caso i costi d’impianto sono leggermente maggiori rispetto al primo caso ma i costi di gestione sono inferiori; esse vengono usate per somministrare un’intensità luminosa di circa 12000 lux. Nel terzo caso sono quelle che hanno un maggior costo d’impianto ed un basso costo d’esercizio con una buona resa: possono arrivare a esprimere anche 20000 lux se disposte in maniera adeguata nella serra.
I materiali plastici per le colture protette
I materiali termoplastici sono largamente impiegati in floricoltura come strumento per la coltivazione e la lavorazione dei prodotti, come parti di macchine e come imballaggio per il trasporto e la distribuzione dei prodotti. I polimeri principali utilizzati sono il polietilene a bassa densità (PEBD), il polietilene ad alta densità (PEAD), il polipropilene (PP) ed il polivinilcloruro (PVC). Come già detto, questi polimeri sono utilizzati in moltissime applicazioni, tuttavia il consumo principale è quello relativo ai film o teloni in materia plastica per serre, tunnel e pacciamatura. Il polimero più utilizzato è il PE e in particolare il tipo a bassa densità. L'impiego dei film plastici di copertura delle serre attualmente ha raggiunto livelli elevati di smaltimento, in quanto, oltre ad essere consumati in maggiore quantità, hanno un ciclo di vita breve e vengono sostituiti con cadenza spesso annuale a causa della perdita di trasparenza e delle proprietà meccaniche per effetto della radiazione solare. Il Ministero dell'Ambiente nel 1993 ha emanato due Decreti legge, il n. 427 ed il n. 443, volti a risolvere, nella maniera più razionale ed economica, lo smaltimento di questi rifiuti nel rispetto dell'ambiente
- Il D.L. n. 427 del 29/10/93 stabilisce un contributo del 10% sul valore del fatturato del polietilene vergine destinato alla produzione dei teloni agricoli. Questo contributo, in vigore dall'1/1/94, viene fatto pagare all'agricoltore al momento dell'acquisto dei teloni agricoli. Lo stesso decreto legge, all'art. 4, stabilisce quanto ricavato da tale contributo venga destinato ad agevolare il finanziamento delle attività di:
a) raccolta differenziata, recupero e rigenerazione di scarti di film di polietilene (teloni agricoli), al fine di ridurre l'impatto ambientale e di ridurre l'uso delle discariche;
b) sviluppo di mercati d'impiego dei materiali provenienti dal riciclaggio e la rigenerazione dei teloni agricoli quale "materia prima secondaria".
- Il D.L. n. 443 del 9/11/93 obbliga i produttori di materia prima di PE a bassa densità vergine destinato alla produzione dei teloni agricoli a tenere registri di carico e scarico, e gli agricoltori a tenere la bolla di accompagnamento dei teloni agricoli acquistati.
Attualmente l'agricoltore paga il contributo del 10% sul fatturato del PEBD impiegato per la produzione di teloni agricoli al fine di agevolare le attività di raccolta e rigenerazione in "materia prima secondaria", onde ridurre il danno ambientale dovuto all'abbandono di teloni usati, trinciati, spaccati sporchi in discariche abusive e l'inquinamento atmosferico provocato dai teli bruciati in mezzo ai campi.
Per contribuire alla risoluzione del problema delle smaltimento dei teloni ed alla salvaguardia e rispetto dell'ambiente, al momento dell'acquisto l'agricoltore dovrebbe richiedere teloni agricoli contraddistinti dal "Marchio di qualità UNI/IIP" a garanzia della loro rispondenza alle vigente normativa UNI. Le norme UNI per i teloni agricoli ne stabiliscono caratteristiche e requisiti sia sul piano agronomico che su quello della resistenza meccanica, garantendone la durata e nello stesso tempo l'idoneità, a fine esercizio, alla rigenerazione in "materia prima secondaria" (sacchi per immondizia, vasi e vasetti per vivaismo, ecc.).
Il telone usato andrebbe consegnato ai centri di raccolta per il riciclaggio e la rigenerazione, o in assenza di questi, a discariche agricole controllate. E' assolutamente vietato abbandonare nell'ambiente, interrare o bruciare sul campo o in discariche abusive non controllate i teloni agricoli usati.
Successivamente il telone agricolo, pressato, dovrebbe essere trasferito direttamente alle industrie riciclatrici. Il PE dei film e dei teloni agricoli qualora non sussistano le condizioni per il riciclo può essere trasferito agli inceneritori ed utilizzato per il recupero energetico che rappresenta una forma di recupero molto importante se si vuole spingere ad alti livelli il recupero complessivo dei rifiuti.
Al fine di ridurre la massa circolante di tali plastiche e di limitare pertanto i problemi di smaltimento, è consigliabile, laddove possibile, orientarsi su plastiche di durata poliennale, sia in film che in lastre.
A tale proposito, sarebbe auspicabile la creazione di aree di raccolta, ubicate nelle zone di impiego dei teloni, in modo da agevolare l'agricoltore nella consegna del telone usato.
Fonti di energia alternative e risparmio energetico
Le coltivazioni in ambiente protetto differiscono da quelle in pien'aria per un aspetto fondamentale: nelle prime, infatti, è l'ambiente che viene adattato alle esigenze specifiche della pianta, nelle seconde, invece, è la pianta che viene scelta, migliorata e coltivata in funzione della sua capacità di adattamento ad un determinato ambiente. In questo senso le tecniche di produzione in ambiente protetto si discostano in maniera marcata da quelle tipiche dell'agricoltura di pieno campo fino a diventare dei veri e propri sistemi industriali nei quali alcune tecnologie impiegate rappresentano una trasposizione pressoché diretta delle conoscenze scientifiche. Per realizzare questi obiettivi è necessario disporre di una serie di mezzi di protezione sia passivi (pacciamatura, cassoni, tunnel, serre, ecc.) che attivi (sistemi di riscaldamento, raffreddamento, illuminazione, ombreggiamento, umidificazione, carbonicazione, ecc.) i più sofisti dei quali arrivano a consentire un completo svincolo dall'ambiente naturale esterno.
La serra, la più rappresentativa delle protezioni, è una struttura concepita in maniera da immagazzinare il massimo di radiazione naturale e da impedire la perdita di calore. Questa funzione fondamentale è condizionata dall'ambiente naturale circostante per cui può essere necessario elevare (la temperatura, l'intensità luminosa, l'umidità relativa, il livello di anidride carbonica), abbassare (la temperatura, l'intensità luminosa) o surrogare (allungamento del giorno o allungamento della notte) le condizioni spontanee dell'ambiente serra con interventi capaci di soddisfare le specifiche esigenze delle piante coltivate.
Il livello sempre più elevato dei costi di produzione rende indispensabile, anche nelle colture protette, una gestione precisa e razionale del processo produttivo. Le crisi energetiche hanno avuto come effetto iniziale quello di un abbassamento indiscriminato delle temperature di coltivazione, una revisione delle tecniche di coltivazione e dei calendari di produzione, una serie di accorgimenti volti alla coibentazione delle protezioni. Le possibili strategie da seguire per conseguire il risparmio energetico sono riconducibili ai seguenti temi fondamentali:
- individuazione di sistemi, metodi e tecniche in grado di determinare una riduzione dei consumi di energia convenzionale per unità di superficie o di produzione utili (scelta di specie vegetali o di cicli di produzione a basso fabbisogno termico, scelta di materiali di costruzione e di coperture ad alto rendimento termico, tecniche di coltivazione fuori suolo, ecc.);
- localizzazione degli impianti serricoli in aree caratterizzate da favorevoli condizioni climatiche;
- possibilità di utilizzare risorse energetiche diverse dal gasolio (metano, olio denso, residui solidi agrozootecnici) e/o tecnologie innovative volte a razionalizzare o ridurre i consumi energetici (pompe di calore).
In tutti e tre i casi l'obiettivo del risparmio energetico implica scelte e adattamenti sia di carattere tecnologico, afferenti cioè in larga misura alle strutture e agli impianti della serra, che di carattere agronomico riguardanti cioè più direttamente la pianta e la relativa tecnica di coltivazione.
Dal punto di vista ambientale, tutti gli impianti per il riscaldamento delle serre che utilizzano idrocarburi di origine fossile (gasolio) o, in misura maggiore, olio denso o materiale residuo dei cicli produttivi agroozootecnici (caldaie per la combustione di sansa essiccata, impianti per la combustione di pollina essiccata, ecc.) possono determinare problemi di inquinamento atmosferico. Per la salvaguardia ed il rispetto ambientale è necessario munire tali impiantidi di sistemi per il controllo, il recupero e l'abbattimento dei fumi di scarico dei generatori. Il gas metano, che laddove è già presente la rete di distribuzione, può rappresentare una buona soluzione in riferimento ai costi, alla facilità di utilizzo, al rispetto dell'ambiente.
Distribuzione di antiparassitari e fertilizzanti.
La dispersione nell'ambiente di sostanze chimiche, può essere efficacemente contenuta migliorando l'efficienza della distribuzione di antiparassitari e fertilizzanti. Gli impianti di distribuzione micronizzata ad alta pressione (del tipo Toko-Jet) impiegano bassi volumi di miscela antiparassitaria con un risparmio notevole di principio attivo per ettaro. Allo stesso modo i sistemi di irrigazione localizzata (microaspersione, "a goccia", membrane "trasudanti", "a spaghetto") migliorano l'efficienza della distribuzione di acqua e fertilizzanti riducendo l'impatto ambientale della concimazione.
Barriere vegetali antinquinamento
L'impatto visivo determinato dalle strutture serricole, dagli uffici ed i capannoni per la lavorazione e lo stoccaggio e dagli annessi agricoli, i residui nell'atmosfera dei trattamenti alle colture nelle immediate vicinanze dell'azienda, gli innalzamenti di temperatura in prossimità delle serre, suggeriscono il ricorso a barriere verdi ai limiti aziendali ed intorno agli annessi agricoli (vasche, serbatoi per l'acqua piovana), laddove sono compatibili con le esigenze agronomiche delle colture. La realizzazione degli schermi vegetali è facilitata nelle aziende medio-grandi, dove lo spazio tra il limite aziendale e le serre è maggiore.
Recupero e gestione delle acque piovane
Nelle aree dove è sviluppata la ortofloricoltura protetta le acque piovane possono creare problemi alle reti viarie e fognarie, per la loro confluenza in cospicui volumi a causa della presenza degli impianti serricoli che ne limita l'assorbimento da parte del suolo. La realizzazione di vasche per il recupero e lo smaltimento di tali acque è da considerarsi di primaria utilità ai fini del rispetto dell'ambiente, soprattutto nelle aree urbanizzate spesso adiacenti ed interdipendenti.